L’ennesima giornata indimenticabile regalataci dal nostro fiume preferito.
14 Marzo 2022. Ultimo giorno prima della chiusura della stagione di pesca per permettere ai pesci la frega.
Il team Alex & Alex e’ pronto ad un ultima avventura prima di appendere le canne al chiodo fino a Giugno. Mi sono appena ripreso dal Covid che mi ha messo fuori combattimento per quasi tre settimane, ho una voglia di pesca e di natura incredibile, cosi sento il socio e decidiamo di fare la chiusura in grande stile, in uno dei nostri spot preferiti del Tamigi.
Partiamo presto, intorno alle 4, e verso le 6.30 siamo sul fiume carichi e motivati come non mai. Il meteo prevede cielo nuvoloso tutto il giorno, un po’ di pioggia la mattina, e un forte vento che si dovrebbe rinforzare ulteriormente nel pomeriggio. Condizioni abbastanza buone per insidare il re dei predatori, sua maesta’ il luccio.
Quando arriviamo al fiume le condizioni sono simili a quelle previste, tuttavia qualcosa non torna: il cielo non sembra coperto del tutto, il sole va e viene, non certo una grande notizia per noi. I due giorni prima ha piovuto molto, c’e’ una corrente molto forte che rende difficile l’affondamento delle esche, per fortuna l’esperienza ci ha insegnato a portare sempre esche molto pesanti per affrontare condizioni del genere quindi riusciamo comunque ad essere in pesca.
Proviamo tanti approcci diversi. Grosse swimbaits, spinnerbaits, shad, jerk, cucchiaini, qualsiasi cosa. Io sono in mood sperimentale, provo a ruotare tutto l’arsenale, mezz’ora ad esca e cambio. Il socio invece ha un esca nuova, un jerk della Rapala color persico che lo ispira parecchio, decide di montare quello e insistere con quello per gran parte della giornata.
Non riscontriamo nessuna attivita’, non si vede una mangiata, una cacciata, pesce foraggio.
Il fiume sembra completamente addormentato, a tratti spettrale.
Il morale pero’ rimane alto, restiamo fiduciosi, lanciamo in ogni anfratto, in ogni buca, proviamo recuperi lenti, super lenti, veloci, a scatti: non si muove una foglia. Dopo una decina di chilometri di cammino, sondando quanta piu’ acqua possibile, cominciamo seriamente a pensare che la giornata sia stregata. Siamo un po’ stanchi e il morale comincia a risentirne, sappiamo che se va male ci tocchera’ aspettare fino a giugno per poterci riprovare, il pensiero ci ricarica cosi’ decidiamo di fare un pit stop strategico in un bellissimo pub che si affaccia proprio sull’acqua.
L’immancabile fish & chips di meta’ giornata, un paio di buone birre fresche e ci torna l’energia, il buon umore e la voglia di cercare il predatore che oggi gioca a nascondino.
Ripartiamo verso le 4. Abbiamo pescato per quasi 8 ore, ci restano forse un paio di ore di luce. E’ evidente che i pesci sono estremamente apatici. La mia teoria e’ che si siano abbuffati nei due giorni precedenti quando e’ calata la pressione ed ha piovuto, e adesso sono sul fondo con la pancia piena e il colesterolo alto a sonnecchiare.
Decidiamo di concentrarci sulle esche di reazione per provare a infastidirli e stimolare qualche attacco non per fame ma per istinto territoriale. Io vado sulla vecchia scuola e monto un ondulante, il socio continua col jerk Rapala, ma sta volta gli suggerisco di cambiare colore e provare con un roach, un classico pesce foraggio presente nel Tamigi dai colori argentati e le pinne rosse, un tipo di livrea che assieme al blu sardina mi ha sempre dato gioie sul Tamigi. Peschiamo ancora una mezz’oretta, zero assoluto. Ormai siamo quasi del tutto sfiduciati. Ma come la pesca, e la vita in generale insegnano, non bisogna mai, mai mollare. Lancio nei pressi di una piccola diga, vicino a delle barche ormeggiate. Botta in canna: ho un pesce! Il socio incredulo arriva col guadino, prego Dio che non si slami, penso a un luccio ma dopo qualche secondo ho la meglio e riesco a vedere la sagoma di un bellissimo persico reale. Lo portiamo su, lo misuriamo, un enorme esemplare di 42 centimetri, porta i segni di tante battaglie. Incredibile, siamo finalmente riusciti a sbloccare una giornata che sembrava stregata.
La cattura ci rimette il sangue nelle vene. Partiamo agguerriti come non mai, ci giochiamo il tutto per tutto in quest’oretta finale. Pochi secondi e comincia la magia. Sbam! Botta sul jerk, arriva un piccolo luccio, finalmente un po’ di gloria anche per il socio.
L’adrenalina sale, cominciamo a lanciare ovunque, tre, quattro passi, lancio: un altro attacco!
Questa volta purtroppo si slama, ma non ci demoralizziamo. Il fiume che sembrava una spettrale distesa di acqua priva di vita, improvvisamente si e’ svegliato e abbiamo la sensazione che ci siano pesci in caccia ovunque. Un altra decina di metri, sbam! Un altro luccio, sempre sulla stessa esca.
Slamiamo anche questo e ripartiamo, l’aria si e’ fatta elettrica e sentiamo che tutto puo’ succedere! Mi separo dal socio e vado avanti una cinquantina di metri, ho rimesso lo spinner, faccio due, tre lanci, e sento un urlo. Recupero e corro a vedere: Alex ha un altro luccio sul jerk! Incredibile. Questo e’ bello, un ottantina di centimetri e dei colori semplicemente meravigliosi.
Da qui in poi onestamente abbiamo un po’ perso il focus. Si continua a lanciare e provare ma ormai la testa e’ tra le nuvole, siamo sopraffatti dalle emozioni. A parte un luccio che insegue la nostra esca senza attaccare anche i pesci sembra si siano nuovamente tranquillizzati. Sono parecchi chilometri da percorrere fino alla stazione, il sole sta per tramontare, il cielo e il fiume regalano colori e scenari mozzafiato, decidiamo di rientrare, magari facendo ancora un paio di lanci lungo la strada. Il regista di questa giornata da film ha pero’ preparato un finale del tutto inaspettato. Mentre camminiamo, vediamo un signore, sta pescando con due canne, un attrezzatura piuttosto rudimentale, ci avviciniamo per salutare e chiedere come va. In pratica ha una canna a lucci col deadbait e il galleggiante, ed un altra con dei vermoni che ha raccolto nel giardino di casa. Ci dice che purtroppo la lenza del deadbait si e’ spezzata, il galleggiante e’ rimasto li nell’acqua, ha paura che un luccio mangi l’esca e rimanga con l’ancoretta in bocca.
Cosi’ decidiamo di aiutarlo provando a lanciare l’artificiale in prossimita’ del galleggiante per provare ad uncinarlo e recuperare la montatura. Neanche il tempo di tirare via il rig verso la riva, che vediamo l’altra canna del signore partire e quasi cadere in acqua. E’ il panico! Chi corre di qua, chi di la, si aprono tre guadini, il mio, quello del socio e quello del signore. Appena tira su la canna si accorge che ha una matassa ingarbugliata intorno al mulinello, proviamo tutti quanti a sbrogliarla, chi tira da una parte, chi dall’altra, intanto il pesce piega la canna in due e se ne va a spasso alla grande, c’e’ il rischio che si slami, sembra grosso, bisogna inventarsi qualcosa e farlo in fretta. Il signore ha una ottima intuizione, svita il mulinello e lo lascia cadere a terra, e comincia a tirare il filo con le mani, tenendo la canna alta per provare ad ammortizzare le fughe improvvise del pesce, mentre riavvolge la lenza sulla mano. Quando il pesce e’ finalmente a 4-5 metri dalla riva, corro col mio guadino telescopico e dopo un paio di tentativi a vuoto col fiato sospeso, riesco a guadinarlo. Non crediamo ai nostri occhi…un persico di mezzo metro!
Il signore e’ commosso, dice che e’ il persico piu’ grosso che ha mai preso, che senza il nostro aiuto non ce l’avrebbe mai fatta, che era uscito giusto per un paio di lanci visto che la stagione stava volgendo al termine…la riva e’ un caos, matasse di filo ingarbugliato, guadini, mulinelli nella terra, canne e ancorette ovunque, un panico! Che modo incredibile di chiudere la giornata! Decidiamo che non e’ neanche il caso di continuare a pescare, abbiamo vissuto emozioni a non finire che ci terrano compagnia in questi mesi di pausa, cosi’ smontiamo le canne, salutiamo il signore e ce ne andiamo verso il sentiero, mentre la notte e il silenzio calano sul Tamigi. Che giornata!
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